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Maestra, tu ce l'hai un papà?  

Beatrice era una ragazzina di 7 anni arrivata in quella scuola in seconda quando il gruppo classe si era già ben compattato ed amalgamato durante l'anno precedente in prima elementare. Ma non ci fu alcun problema di inserimento per lei perché i bambini, si sa, fanno presto amicizia e così Bea si integrò perfettamente in poco tempo e non poteva essere diversamente, certo che no!

La particolarità di questa classe era la magica alchimia che si era creata già il primo giorno di scuola in prima elementare nell'anno precedente, fra le insegnanti, gli alunni ed i genitori.

Non avrebbe potuto essere diversamente, credetemi.

Quel giorno mamme, papà, bambini ed insegnanti, i genitori poi erano emozionati più dei loro figli, tutti insieme salirono le scale allegramente e arrivati davanti alla porta della classe si ritrovarono "accolti" da uno striscione di benvenuto che recitava "facciamo un salto in prima!" e, udite udite, quel salto quei bambini lo fecero davvero oltre la soglia della porta, per mano di mamma e papà!

Altroché se lo fecero e fu un salto emozionante!

L'accoglienza poi fu all' "altezza" di quei 6enni, perché di salti di qua e di là quei ragazzini erano davvero tutti degli specialisti!

Molti di loro erano stati insieme già in materna e così pian pianino iniziarono a sedersi scegliendosi un compagno con cui condividere quel banco così lungo e alto!

I genitori, anche loro scrutandosi l'un l'altro, si disposero lungo le pareti della classe in attesa del discorso di apertura delle insegnanti. Ebbene quel discorso fu breve ma intenso, fu meravigliosamente vero e sincero perché le insegnanti chiesero un'unica cosa a questi genitori, semplice ma importantissima.

- Siate un gruppo coeso di genitori, collaborate insieme fra voi e così i vostri figli vi seguiranno a ruota. Siate curiosi delle loro scoperte, siate presenti nei progressi come nei piccoli ed inevitabili insuccessi. Qualunque dubbio o incertezza abbiate parlatene con noi, siamo qui per i vostri figli, loro sono il nostro interesse primario.-

E adesso ditemi, come avrebbe potuto essere diversamente meraviglioso, per quei 20 ragazzini, essere accolti il primo giorno di quel cammino che porta alla scoperta della conoscenza?

Torniamo ora a Beatrice, la bimba arrivata in seconda elementare. Ecco per lei ci furono tante attenzioni da parte di tutti perché era sì una bambina solare e gaia, ma a volte anche malinconica e triste a tal punto che all'improvviso spariva letteralmente in giardino a "meditare" come diceva lei.

Ora immaginatevi la faccia della maestra che dopo averla cercata in lungo ed in largo in giardino a ricreazione la trovava puntualmente abbracciata ad un albero in fondo al giardino, con gli occhi chiusi ed un beato sorriso sulle labbra.

Sembrava felice in quel momento, molto più di quanto lo fosse quando la maestra la scuoteva dolcemente chiedendole il perché di quell'abbraccio ad un albero.

Bea puntualmente non le rispondeva, correva via a giocare con le compagne, apparentemente allegra e spensierata. Un giorno però quell'albero dovette essere abbattuto perché nella notte una tempesta di vento lo aveva reso pericolante e così quella mattina una squadra di giardinieri mise in sicurezza il giardino tagliando proprio l'albero preferito di Bea, ignara purtroppo di tutto.

A ricreazione quel giorno scesero tutti in giardino, ma dal lato opposto a quello dove era stato tagliato l'albero e così Bea chiese di andare nel suo lato preferito. Giunti tutti insieme sul posto si ritrovarono davanti al tronco tagliato ancora recintato dai giardinieri, a quel punto Bea sgrano' gli occhi e per lo shock iniziò a piangere disperatamente, cercando di picchiare i poveri giardinieri che tentavano di trattenerla senza farle del male.

Bea era furiosa, scalciava, dava pugni, insomma una piccola caterpillar.

C'erano con i bambini due maestre quel giorno così, dopo essersi scambiate uno sguardo complice, l'una, raccolta a sé la classe tutta, si spostò nell'altro lato del giardino, mentre l'altra piano piano si avvicinò a Bea e di fronte a quel dolore così straziante e tangibile, con tutta la dolcezza di cui era capace, le chiese : - Bea tesoro, guardami, parlami, dimmi ti ascolto sono qui, non temere, fammi capire cara, cosa ti faccia così soffrire... - Bea all'istante si calmò, guardò la sua maestra dritta negli occhi e poi con una tenerezza infinita le chiese: - Maestra, tu ce l'hai un papà? Il mio non c'è più sai, è andato lassù quando io ero molto piccola, molto più piccola di adesso. Così la mia mamma ha piantato un ulivo nel nostro giardino perché crescesse insieme a me ed io potessi sentirmi protetta e avvolta dal tronco e dalla chioma ogni volta che ne avessi avuto bisogno. Lo abbracciavo sempre il mio albero a casa, lui mi faceva stare così bene, mi accoglieva con il suo profumo, mi scaldava, mi proteggeva. Ecco a volte qui mi sentivo triste e sola ma quando abbracciavo quest'albero del giardino della scuola mi sentivo bene, come protetta... Non lo dirai alla mamma vero, non lo dirai a lei non voglio si preoccupi per me, non voglio...lei soffre più di me... Ti prego maestra... -

-Bea puoi abbracciare me ogni volta che ne sentirai il bisogno finché non sarà cresciuto il nuovo albero che pianteremo. Lo sceglieremo insieme ai tuoi compagni di classe, vuoi cara? E sarà il nostro piccolo segreto, tuo e mio finché non vorrai parlarne tu alla mamma, d'accordo? - Così detto le asciugò le lacrime, si abbracciarono e dondolando nel camminare insieme tornarono verso il resto della classe.

- Bambini forza andiamo in classe svelti, dobbiamo scegliere insieme a Bea il nostro "albero custode"! -

Ne abbiamo proprio bisogno di un po' tutti di un "albero custode" non lo credete anche voi?

Gruppo: comunicazione|News # 731 | inserita il: 14/03/2019| Autore: Emanuela Cannella


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